Ai Piedi dei Grattacieli
Dubai, Emirati Arabi. Gen.2014
Quattro corsie per carreggiata dove sfrecciano rombando a tutte le ore i migliori modelli sportivi delle più prestigiose case automobilistiche.
In entrambi i lati si ergono come monoliti gli ultramoderni grattacieli che caratterizzano questa controversa metropoli, Dubai.
Una macchina urbanistica in continuo evoluzione divora il deserto metro per metro con i suoi denti d’acciaio e cemento quasi a voler cancellare per sempre ciò che era.Una pura e candida distesa di sabbia infinita.
Nella schiera dei grattacieli ho intravisto un varco, dietro al quale la sabbia sembrava prevalere ancora sul cemento.
Ho attraversato la super strada mi sono addentrato in quel varco. Li ho scoperto un mondo fatto di persone per lo più immigrate dal Pakistan, India, Bangladesh, operai al servizio della metropoli, al servizio degli Emiri.
Migliaia di persone inserite in un tessuto urbanistico e sociale molto diverso dall’immagine ufficiale di Dubai, molto più a contatto con il suolo.
Un luogo in cui le loro impossibilità economiche sono evidenti ed in netto contrasto con l’opulenza scintillante che gli si staglia davanti a poche centinaia di metri, dall’altra parte della strada. La finalità del mio progetto fotografico è documentare ciò che si nasconde dietro i giganti, voglio mostrare il tenore di vita e le condizioni a cui si trova la manovalanza che opera a servizio di questa metropoli che non è fatta solo di luci ma anche di molte ombre.
Qui, subito dietro ai grattacieli, nascosti agli occhi dei turisti di passaggio, vive una parte degli autisti dei taxi, scuolabus, gli inservienti degli alberghi, gli operai dei cantieri di lavoro, e altri meno fortunati vivono qualche ora dalla città e queste sono le loro dimore, ben lontane dalla ricchezza che ricopre Dubai, anzi ci cozzano come un pugno allo stomaco.Ho frequentato a lungo questi luoghi ho destato spesso curiosità: non erano abituati a veder occidentali aggirarsi da quelle parti, i bambini poi mi rincorrevano spesso per esser fotografati.
Sono entrato nelle loro case, mi hanno offerto cibo e bevande e sono rimasto a chiacchierare con qualcuno nei loro salotti a cielo aperto. Un popolo di lavoratori ricchi di dignità e rispetto verso il prossimo: le loro condizioni economiche sono durissime, ma ciononostante non accettano di lasciar andar via un ospite a mani vuote. Anche se è un occidentale con una costosa macchina fotografica al collo.
Michele Andreossi